Quando ti morde un lupo pazienza. Quel che secca e’ quando ti morde una pecora. (James Joyce)
La lingua italiana è maschilista, piena di machismi e orientata sessisticamente. Lo sapevo, ma me l’ha ricordato, l’altra sera, ad un simpatico party organizzato a Villa Bonn a Westeend per la Festa della Repubblica, una studiosa che si è occupata per decenni di storia delle donne. Non solo è un “maschio” poco sensibile all’altra metà del cielo, al femminile e femminino. L’italiano è idioma pieno di possibilità, è, oserei dire, infinito, per tutto quello che è dileggio, insulto, volgarità e contumelia. Le parolacce sono parte del costume italiano e non è un caso se, spesso, gli stranieri a contatto con gli italioti imparino a mandare affa qualcuno ancor prima di saper coniugare un verbo. Ad usare certi termini, non proprio simpatici e gentili, non sono solo i grezzi-torsoli-burinacci-tamocchi (definibili in circa altri duecento modi diversi a seconda della regione..), ma anche gli intellettuali. Quelli nostrani, a differenza dei loro colleghi europei, non solo sembrano restii a voler capire che il mondo ha superato la Guerra Fredda da decenni e che le ideologie totalitarie sono morte, ma, spesso a corto di argomenti, replicano a critiche ed osservazioni con il tradizionale, pecoreccio, insulto. Con chi ce l’hanno? Naturalmente con tutti coloro che sono diversi: avversari politici, vicini di casa, parenti ed amici, la lattaia dell’angolo o il poveraccio incontrato sul bus.
Tutti coloro che non li adulano, incensano ed apprezzano una superiorità che, per lo più, vedono solo loro ed i più stretti compari, in un delirio di volgarità ed autoreferenzialità da paese di Pulcinella o, come direbbero qui, da Kindergarten, sono degli imbecilli cui tappare la bocca.
E quando, dopo aver rimediato figuracce, sganassoni e querele, non sanno più con chi prendersela o hanno dovuto pagare in danni morali una fortuna, ecco pronto il bersaglio: gli italiani.
Dimenticandosi di essere italiani loro stessi, si avvolgono ed avviluppano in esercizi diffamatori di rara potenza volgare ed altrettanta risibile sostanza, prendendo a cannonate la massa, quel popolo cui spesso, quando devono fare i loro comizi d’altri tempi, si richiamano, che esaltano pure e che, in cambio del diritto all’esistenza, dovrebbero fare quel che dicono loro, anche votarli o mantenerne vizi e ozioso lusso, pena la damnatio memoriae …..
La rete, nuovo “cult” intellettuale, non sfugge alla legge della volgarità e mi è capitato di leggere su un blog, indicato come ” pensiero di Dansvidania” -nome da soviet probabilmente incavolato per i risultati elettorali- di lunedì, 14 aprile 2008,22:15″, una serie di spiegazioni dell’italianità, da manuale… (…”Cazzoni, rincoglioniti, imbecilli, lobotomizzati, masochisti, manipolabili, pirla, rottinculo, maledetti, schifosissimi, pecoroni, merdacce, pedine, pesci, decerebrati, microcefali, sfigati, addormuti, beoti, beceri, burini, pecorari, gretti, cafoni, ignoranti, stupidi, deficienti, pagnottisti, mediocri, schifosi, cattolici, unti, bisunti, venduti, puttanieri, cessi, stronzi, bucchinari, lote, merdaiuoli, merdosi, scornacchiati, segaioli, leccaculo, tamarri, impediti, sempliciotti, spudorati, vergognosi, deprimenti, terribili, puzzolenti, lerci, terraterra, lassativi”). Il Dasvidania non ci dice, naturalmente, cosa avrebbe detto se gli italiani avessero votato chi piace a luio se fossero come lui, cloni del pensiero unico… probabilmente che sono un “popolo di rivoluzionari, santi, navigatori, cooperatori, democratici, pacifisti e solidali”. Mentre ora, sono solo… gregge..
Parola magica, gregge. Che evoca -più o meno odorosi, olezzanti, e puzzolenti- pecore e montoni, agnelli e caprette e, sopratutto, fa venire alla mente un insieme indistinto… Il termine, come si legge nel De Mauro, http://www.demauroparavia.it/50334, ha una serie interessante di significati. Si va da quelli innocenti o aulici, come quando ci si riferisce ad “ogni gruppo di ovini raccolti insieme sotto la custodia di un pastore” o alla “moltitudine di persone (“d’anime nude vidi molte g. | che piangean tutte assai miseramente”, Dante), a quelli desunti dalla tradizione cristiana (l'” insieme dei fedeli affidati alla guida di un’autorità ecclesiastica”). Non manca, affianco all’Acqua Santa, il diavolaccio. Ed ecco quindi, anche, “estens., spreg.”, un “gruppo di persone prive di iniziativa e di autonomia per mancanza di coraggio o personalità: un g. di incompetenti”.
Con quest’ultima definizione il cerchio è chiuso e gli italiani, intesi evidentemente nella maniera fantastica di cui sopra, sono, per i nostri intellettuali in servizio permanente effettivo, un gregge. Quando non si comportano da gregge e ragionano con la propria testa, mandando pure a casa autoreferenzialità, volgarità ed arie fritte e rispettivi politici e partiti di riferimento.
Anche le pecore possono, se vogliono, far male. Se le formiche, nel loro piccolo, si incazzano, come direbbe il vecchio Joyce: “Quando ti morde un lupo pazienza. Quel che secca e’ quando ti morde una pecora” . E questo, ai nostri illuminatissimi sacerdoti della contumelia, proprio non va giù…
PS::::::
L’AGNELLO Dl FIDANZAMENTO e’ una piccola pecora che si scambiano i promessi sposi in Sardegna come pegno di matrimonio. (dal “bestiario dell’impiegatto”) (Gianni Zauli)
Sai perché c’è la lana vergine? Perché c’è ancora qualche pecora veloce. (Gino Bramieri)Perche’ le pecore non si restringono quando piove? (George Carlin)
Tre pastorelli sardi passeggiando in campagna vedono una pecora, che nel tentativo di fuggire dal pascolo era rimasta incastrata con le zampe posteriori nel filo spinato. Il primo dice: “Pensate se fosse Valeria Marini!!”. Il secondo: “Pensate se fosse Claudia Schiffer!”. Il terzo: “Pensate se fosse buio!!!”
Cosa contano le pecore per addormentarsi?
CAPRA: La capra si chiama cosi’ per il fatto che gli altri animali si chiamavano gia’ tutti e l’ultimo nome rimasto era “capra”. (IL DIZIONARIO DI GENE GNOCCHI)
MONTONE: La femmina del montone che per brevita’ chiameremo montona, quando vogliono accoppiarsi si sdraiano su un montone. (IL DIZIONARIO DI GENE GNOCCHI)
Perche’ i montoni vivono in montagna? perché se vivessero al mare si chiamerebbero maroni!
Un poliziotto della Nuova Zelanda ha dovuto ammanettarsi ad una pecora dopo che questa l’aveva attaccato. Egli aveva affermato che questo era il solo modo per prevenire gli attacchi dell’animale. O almeno questa e’ la storia che lui ha raccontato quando lo hanno trovato ammanettato alla pecora. (Jay Leno)