Dalle Rime conosciamo la Tenzone
fra Dante e Forese Donati.
È costituita da tre sonetti di Dante e tre di Forese Donati (cugino della moglie di Dante morto nel 1296 e fratello di Piccarda e di Corso Donati futuro capo dei Neri) che, come vuole il genere, si prendono familiarmente in giro e si infamano a vicenda. Fin qui la vicenda che spiega il componimento e che si può leggere dappertutto in Rete. Il poemetto, però, è stato citato nei giorni scorsi su un sito del nostro Trentino Alto Adige, a simbolo di tolleranza reciproca e, in senso estensivo, di come, anche nel caso di ingiurie, ci si possa e forse debba astenere dall’utilizzare l’arma della querela per diffamazione, prendendola con filosofia.
Forese avrebbe querelato Dante? Si domanda in modo retorico l’autore del sito, impegnato nella difesa di un blogger coinvolto in una questione di paroloni in Rete che sembra finirà davanti al giudice.
Credo, da sempre, assai poco, diciamo niente, all’arma del tribunale e della censura e penso che gli insulti siano ampiamente eloquenti del livello di chi utilizza l’offesa al posto del ragionamento. Appoggiarsi, nel caso, a Dante e Forese, utilizzandoli come prove per sostenere la tesi che non si sarebbero presi giuridicamente per i capelli, mostra però tutta una serie di problemi non di poco conto.
Innanzitutto, l’epoca di componimento della Tenzone, il Medioevo ed il contesto, un’opera letteraria, per di più una “tenzone” tipica dell’epoca in cui fu scritta, sono poco assimilabili con la realtà odierna e della Rete. Diverso era pure il quadro giuridico di riferimento e, probabilmente, se non fosse stato quello scherzo letterario che fu, ma se fossero volati insulti pesanti, si sarebbe passati direttamente alle vie di fatto, magari con il bastone che compare nell’ultima parte della Tenzone. Oggi, fortunatamente, si cerca di far male alla tasca più che alla schiena ed è già un passo avanti.
Di Dante e Forese va detto poi che non abbiamo alcuna attestazione che parli dei due come nemici o che, addirittura, attesti che si odiassero (come pure qualcuno ha sostenuto) anzi, per lo più, ripeto, si accetta la natura di esercizio letterario di uno scritto del cui autore si discute ancora, non essendo, gli studiosi, per niente concordi. Il linguaggio scurrile ha fatto a qualcuno attribuire la Tenzone, addirittura, a Stefano Finuiguerri detto il Za. Da notare, infine, come la stessa interpretazione del significato letterale ed allegorico del testo è oggetto di dispute infinite e non risolte e che, quindi, la Tenzone resta una fonte letteraria medievale da utilizzare con grande cautela e certo non per sostenere le ragioni di chi non si rivolgerebbe mai ad un giudice se insultato..
Il povero Dante resta un oggetto grande e misterioso e la sua somma importanza lo rende anche facilmente utilizzabile e manipolabile da chi, anche in buona fede, vuole sparare il botto di un grande nome per dar prestigio a quel che pensa, sperando magari, come nel caso dell’Alighieri drogato diffuso da uno studioso buontempone qualche tempo fa, qualcosa, andreottianamente, resti.